19 Marzo 2024
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FESTEGGIAMENTI DEL 13 - 21 LUGLIO

Le origini del culto e della devozione alla Madonna "Madre dei Bimbi"

L’origine del culto tributato alla Madonna di Cigoli si perde nelle lontananza del Medioevo: esso è strettamente legato alla datazione e all'attribuzione dell’immagine stessa, per la quale come ho già affermato non è stato ancora raggiunto un accordo.
Vari episodi hanno progressivamente accentrato sull'immagine la venerazione dei fedeli
e nel Trecento la devozione nei confronti della Madonna di Cigoli doveva essere particolarmente intensa, dal momento che numerose fonti storiche coeve attestano pellegrinaggi effettuati in quel periodo. Il culto mariano, alimentato dalla fama dei miracoli compiuti dalla Madre dei Bimbi, ha trasformato la pieve di S. Giovanni Battista in uno dei santuari più conosciuti e frequentati della Toscana.

La venerazione per questa bellissima immagine di Maria Santissima è attestata da molte testimonianze scritte: dal Medioevo fino ai giorni nostri esse ci hanno tramandato la devozione non solo della popolazione di Cigoli e di tutta la diocesi di San Miniato, ma anche quella degli altri popoli di Toscana, provenienti soprattutto dalle città di Firenze, Pisa e Siena.
La costruzione di una cappella monumentale e preziosa, arricchita continuamente nel corso degli anni grazie alle elemosine dei pellegrini, è una ulteriore conferma.

Una delle primissime testimonianze di esistenza del culto può essere considerata l’evento miracoloso che accadde nel lontano 1317. Il 21 luglio di tale anno gli abitanti di Cigoli riuscirono a riconquistare senza alcuno sforzo la rocca caduta l’anno precedente nelle mani del signore di Pisa, Uguccione della Faggiola.
La beatissima Vergine aprì miracolosamente il varco agli assedianti, i quali senza spargimento di sangue poterono cosi riconquistare il castello: tale inaspettata vittoria e la liberazione del Castello furono attribuite alla singolare protezione di Maria e in ossequio a Lei furono liberati tutti i prigionieri senza far loro alcuna violenza.
Questo episodio ci dà testimonianza del fatto che già nei primissimi anni del Trecento esisteva, se non il culto particolare che conosciamo oggi, certo una profonda devozione alla Madonna. Roberto Ciardi sostiene che allo stato attuale delle conoscenze non è possibile dire se l’evento sia veramente in relazione con la protezione offerta dall’immagine della Madonna di Cigoli, quindi giè esistente, o se quest’ultima sia stata realizzata proprio in quella occasione come simulacro votivo: ritorna qui la cruciale questione della datazione dell’opera.

Il primo degli uomini illustri, protagonisti del culto della Vergine di Cigoli, di cui diano notizia le fonti, è ricordato da una lapide posta sulla seconda colonna sinistra della navata centrale sul fronte interno della Cappella.
Si tratta del Beato Giovanni Colombini, nato nel 1304 da una ricca famiglia di Siena, agiato mercante di lana, che in seguito ad una profonda crisi spirituale operò un cambiamento completo del proprio stile di vita, dedicandosi alla povertà volontaria, alla preghiera e alla penitenza. Predicò e si impegnò in opere di carità percorrendo città e campagne di Toscana, parlando della bontà del Signore e fondando l’ordine dei Gesuati.
Il suo biografo, Feo Belcari, ci informa che nel 1363, richiamato dalla fama delle grazie e dei miracoli realizzati per l’intercessione della Vergine di Cigoli, arrivò al Santuario in pellegrinaggio con i suoi compagni e sostò in preghiera, raccomandando alla Madre se stesso, i suoi compagni e la Toscana tutta, con evidente riferimento alle guerre fratricide che imperversavano nella regione. “Fecero la via del castello di Cigoli; e quivi con grandissima devozione fu discoperta loro quella graziosa figura di Nostra Donna”.

La presenza di un forte culto legato all’immagine in Toscana occidentale, nella seconda metà del secolo XIV, è evidentemente attestato anche dalla diffusione di alcune analoghe icone a rilievo, in cui furono riproposti alcuni attributi iconografici della Vergine di Cigoli: nonostante il castello appartenesse alla Diocesi di Lucca, l'immagine era infatti ben nota e venerata anche nel territorio pisano, cosa che spiega la realizzazione di un’opera molto simile da parte dello scultore Nino Pisano: la già citata Madonna dei Vetturini, risalente al settimo decennio del Trecento, eseguita per il più importante luogo di culto mariano cittadino del tempo a Pisa, la Chiesa di Santa Maria della Spina.

Preziose informazioni relative alla fama e alla diffusione del culto si devono a Don Lelio Mannari, parroco a Santa Maria a Monte, molto devoto alla Madonna di Cigoli, che nel 1965 rinvenì nell’archivio arcivescovile di Lucca alcune pergamene , datate 1335, che parlano di “un’immagine della Beata Vergine Maria, in una certa tavola posta in un certo altare, fuori dal coro, (quindi non all’altar maggiore) nella chiesa di San Michele di Ceuli, piviere di Fabbrica, distretto e contado di San Miniato, diocesi di Lucca. Avendo questi documenti una forza retroattiva ci danno la certezza di un culto anteriore al 1335.
Si può sapere ancora, perché si deduce da affermazioni certe di queste pergamene, che l’afflusso era straordinariamente numeroso e non si restringeva ad un solo giorno o a un corso di otto giorni durante l’anno.” Mannari afferma inoltre che il culto della Vergine di Cigoli è antecedente di alcuni decenni a quello della Madonna di Montenero presso Livorno, le cui origini risalgono intorno al 1345.

Altro illustre indice dell’affermazione trionfale del culto della Madonna di Cigoli è da considerare la testimonianza di Franco Sacchetti, poeta e scrittore della Firenze del tardo XIV secolo, inviato come podestà a San Miniato nel 1392, dove probabilmente scrisse la sua opera più celebre, la raccolta narrativa Il Trecentonovelle, e dove morì nel 1400. Il Sacchetti cita la venerata immagine più volte nei suoi scritti e le sue parole sono ricordate anche in una lapide collocata sulla seconda colonna sinistra della navata centrale sul fronte interno della cappella: nella lapide è nominato un certo Tommaso di Luigi de’ Mozzi, che per voto era andato a Cigoli, e in proposito il Sacchetti afferma: ” e fuvvi un tempo che a S. Maria da Cigoli ognuno accorreva”.
Il Sacchetti fa riferimento all’illustre icona mariana anche nella Novella CCXXX della sua raccolta narrativa, in cui il protagonista, Bate, un personaggio fiorentino devoto alla sacra immagine, è vittima di uno scherzo di amici che avevano inscenato un finto agguato contro di lui. Bate, che si era nascosto in un sacco per tutta la notte, aveva fatto voto alla Madonna di Cigoli che, se fosse sopravvissuto, non sarebbe più uscito dalle mura della città e per dare più consistenza alla sua rinuncia avrebbe mandato al santuario di Cigoli come ex-voto, un’immagine dipinta che lo rappresentava infilato in un sacco dove si era nascosto dalla paura.
Non dovevano essere pochi gli ex voto di questo tipo che fin da allora circondavano l’immagine della Vergine e che esprimevano visivamente la gratitudine dei fedeli per le grazie ricevute.
Il Sacchetti ricorda Cigoli anche in una sua lettera al perugino Jacomo di Conte, in cui sottolinea la fama di cui godeva il Santuario tra la gente di Toscana: la Vergine di Cigoli era amata molto già precedentemente all’immagine della SS. Annunziata di Firenze, databile poco oltre la metà del secolo.
Sempre le parole del Sacchetti indicano un proliferarsi di culti e santuari mariani sul finire del Trecento; da ciò si potrebbe dedurre che la rinomanza della Madonna di Cigoli si fosse un po’ offuscata, ma un evento miracoloso di là a breve ne avrebbe rivendicato la notorietà. Tra il 1399 e il 1400 un gruppo appartenente al movimento dei Bianchi fu richiamato a Cigoli dalla voce di una apparizione della Vergine a due veggenti, una bimba valdelsana di dieci anni e una giovane donna di Pisa: esse assicuravano che se tutti i fedeli avessero indossato la veste dei Bianchi e si fossero recati a rendere omaggio alla Madonna di Cigoli, il Padre Eterno avrebbe perdonato loro i peccati. I Bianchi, cosi detti dal comune abito bianco con cappuccio che indossavano, facevano parte di un movimento penitenziale laico, che attraversava la penisola flagellandosi e pregando per ottenere il perdono di Dio. Durante i pellegrinaggi avevano un codice comunicativo comune a tutti i penitenti (stesse vesti, stesse preghiere, stesse richieste di pace e salvazione), e nell’ambito di questo codice assunsero il Crocifisso come segno iconico: tale immagine sacra era posta a guida del movimento devozionale e su di essa venivano concentrate le attenzioni e le aspettative salvifiche dei presenti in preghiera.
Il fatto che quattromila Bianchi siano giunti al Castello in affollate processioni, alcune provenienti dalla Valdinievole e da Lucca, conferma il potere di suggestione di cui ancora godeva l’immagine in Toscana agli inizi del XV secolo. L’icona della Madonna di Cigoli divenne a sua volta uno strumento fondamentale per il rilancio del movimento dei Bianchi nella zona; infatti tali processioni, originarono altri gruppi di Bianchi a San Miniato, dove ancora oggi si conserva, nella Chiesa del Santissimo Crocifisso, una preziosa statua lignea della metà del XIV secolo raffigurante il Cristo Crocifisso, utilizzata durante le processioni, come riferiscono nelle loro cronache il lucchese Giovanni Sercambi e il pistoiese Luca Dominici.
Nella visione mariana che si offre alla bimba valdelsana e alla giovane donna di Pisa sembra rovesciato il normale rapporto che si instaura nel corso di un’apparizione miracolosa: “non è la visione che innesca la realizzazione di un simulacro che ne fissi e ripresenti i tratti che si erano potuti cogliere durante la manifestazione estatica; è l’oggetto materiale e già esistente che invita alla venerazione nel luogo dove è collocato”.

Ed è sempre il simulacro, ben connotato e individuabile attraverso i suoi tratti salienti, a manifestarsi ancora nel corso di quello che è considerato il miracolo più eclatante dell’icona, quello che tratta della resurrezione di un fanciullo avvenuta il 21 luglio 1451, ricordato ai fedeli dall’arte del sanminiatese Dilvo Lotti che ne dipinse alcuni episodi su una parete della cappella della Madonna, negli anni Trenta del Novecento, del quale tratteremo ampiamente più avanti.

Questo miracolo, in virtù del quale oggi la Madonna di Cigoli viene detta la Madre dei Bimbi, incrementò notevolmente il culto per la sacra immagine in un periodo in cui l’insorgere di nuovi culti, come quelli della Madonna dell' Impruneta e della Santissima Annunziata a Firenze, aveva fatto diminuire i pellegrinaggi verso Cigoli, che tornò quindi ad essere al centro dell’attenzione, come lo era stato precedentemente e su più larga scala.
“Il culto della Madonna di Cigoli restò molto intenso durante tutta l’età moderna, fino alla metà del seicento circa, dopodichéha subito una flessione e il bacino di utenza è divenuto minore rispetto al passato, assestandosi su dimensioni locali.”
La cronaca ci dà testimonianza di numerosi voti fatti alla Vergine di Cigoli durante i primi anni dell’Ottocento: varie volte fu supplicata perché volesse impetrare da Dio la pioggia tanto necessaria per l’abbondanza dei raccolti, e ancora nell’agosto del 1835, quando si sparse la notizia che a Livorno era scoppiato il colera, accorsero ad essa le popolazioni in occasione della consueta festa dell’Assunzione per raccomandarle l’immunità dalle malattie.
Della devozione verso la Madre dei Bimbi in questo periodo parla anche Augusto Conti, nato a San Pietro alle Fonti di San Miniato nel 1822, filosofo cristiano e scrittore di pregio; nel suo libro Evidenza, Amore, Fede, descrivendo una passeggiata che compie in compagnia di un amico napoletano sulla ridente collina di Cigoli, ricorda la sua visita al Santuario con queste parole: ”Entrammo in chiesa, salutammo la benedetta immagine di Maria, alla quale un giorno dell’anno le donne di quelle vicinanze recano i loro figliuoli, perché la pietosa Signora narrasi che risuscitasse il fanciullo ad una povera madre”.
Da ricordare è poi la devozione di due importanti famiglie della zona, i Carranza e i Sonnino, le cui ville erano poste poco distanti dal castello, dove anticamente sorgeva il borgo di Fabbrica. Entrambe hanno negli anni più volte dimostrato il loro attaccamento nei confronti della Madre dei Bimbi. Nel 1867 la Baronessa Elena Sonnino della Rocca si era dilettata in una narrazione poetica ”d’un insigne miracolo operato dalla Santissima Vergine del rosario che si venera nella Chiesa pievana di San Giovanni”, narrazione poi ristampata nel 1901 per cura del pievano Luigi Cervelli.
Nello stesso 1901 il personale della tenuta Carranza, con compiacimento del suo padrone, aveva fatto invece a proprie spese erigere una balaustra che delimitava il presbiterio e l’altare laterale. I Baroni Sonnino a loro volta finanziarono a proprie spese la costruzione del pulpito. Le testimonianze di questi gesti oggi non rimangono più in quanto la balaustra e il pulpito sono stati successivamente eliminati per adeguare la chiesa alle nuove norme liturgiche.
Il vescovo Carlo Falcini in una lettera rivolta al clero del maggio 1911 esortava ai solenni e straordinari festeggiamenti che si sarebbero tenuti a Cigoli nel successivo mese di luglio: fu quello l’inizio di un glorioso ventennio di devozione in onore della Madonna: infatti dietro l’invito del vescovo in quell’estate del 1911 salirono al Santuario, in devoto pellegrinaggio, ben venticinque parrocchie e due istituti per un totale di circa seimila pellegrini, senza contare le numerose altre persone provenienti da ogni parte della diocesi, come ricorda una lapide posta sulla parete sinistra della chiesa, a lato del tabernacolo mariano.
Da menzionare inoltre la devozione dei soldati durante il periodo del primo conflitto mondiale. Molte furono le offerte inviate dai soldati dal fronte destinate come ricompensa per Sante Messe e preghiere davanti alla immagine della Vergine, molte le promesse di visita al santuario se la Vergine avesse risparmiato loro la vita nel conflitto.
Nel 1916 trecentosettantatre soldati del fronte, appartenenti a tutte le armi e provenienti da tutte le parti d’Italia, dal Veneto alla Sicilia, si posero sotto il patrocinio della Madonna di Cigoli e inviarono le loro offerte perché si indicessero preghiere speciali per la patria e per loro.

Il definitivo riconoscimento all'antichità del culto e il conferimento del titolo di Taumaturga all'immagine di Cigoli avvennero nel 1929 quando, per mano del cardinale Pietro Maffi, arcivescovo di Pisa, assistito dai Vescovi di San Miniato, monsignor Carlo Falcini, e di Pescia, monsignor Angelo Simonetti, il Capitolo Vaticano incoronò l'icona della Madonna la domenica 13 luglio, con due corone d’oro, squisita opera d’arte dei Fratelli Conti di Firenze. L’Autorità della Chiesa, col decretarne l’Incoronazione, attribuiva il giusto riconoscimento al valore mistico e religioso di un’immagine venerata da molti secoli: la parsimonia nei preparativi e la commozione del popolo che accorse numeroso per il grande avvenimento denotarono nella popolazione sinceri e profondi sentimenti di fede.
Mancava solo che la pieve, che aveva custodito fin dall’antichità la prodigiosa immagine, fosse onorata col titolo di Santuario dall’Autorità della Chiesa: si dovrà attendere fino al 21 luglio 1978 e sarà il vescovo di San Miniato, monsignor Paolo Ghizzoni, a dichiarare Santuario mariano la chiesa plebana di Cigoli.
La venerazione verso l’icona è tutt’oggi assai viva. Ogni anno il 21 luglio viene rievocato il miracolo del 1451: fin dalle prime ore della mattina molti sono richiamati dal suono delle campane e salgono al santuario, spesso a piedi, per rendere onore all’icona.
La devozione a Maria è qui ancora così profondamente radicata che la si può constatare attraverso i solenni festeggiamenti organizzati durante tutta l’intera settimana di preghiera che precede il 21 Luglio, con celebrazioni delle lodi alla Vergine, SS. Messe e S. Rosario.
Caratteristici della storia del santuario sono i pellegrinaggi, le tradizionali processioni che già dal Trecento accompagnavano devotamente l’icona, provenienti dai paesi del valdarno inferiore che ogni mattina all’alba aprono la Celebrazione Mariana a Cigoli; Oggi sono molteplici i pellegrinaggi annuali provenienti da molti paesi e città della toscana e da oltre il confine regionale.
Fino al XIX secolo l’immagine miracolosa era chiamata dai fedeli “La Vergine del Santissimo Rosario”, mentre durante le epoche precedenti era semplicemente “La Madonna”o la “La Vergine” di Cigoli .
La dedicazione “ Madre dei Bimbi” è piuttosto recente. Tale titolo è riferibile a quello che è considerato il miracolo più importante dell’icona, quello cui s'è già accennato, che avvenne il 21 Luglio 1451 rappresentato da Dilvo Lotti su una parete della cappella e in virtù del quale, questa immagine di Maria si specializza come protettrice dei bambini. I fedeli si rivolgono al lei per ogni difficoltà , ma di preferenza si recano per impetrare protezione e grazie a beneficio dei bambini piccoli; soprattutto le donne in gravidanza si rivolgono alla Madre di Cigoli, affinché protegga loro ed i figli al momento del parto.

Secondo la tradizione, attestata da un documento del 1791 conservato nell’archivio di Cigoli, una madre di Treggiaia, appartenente alla famiglia dei Mainardi aveva già perso due figli poco tempo prima, senza che avessero manifestato segni di malattia, e quando partorì il terzo, il marito, che aveva attribuito alla sua negligenza la perdita dei figli, la minacciò di morte qualora anche il terzo figlio, nato da poco, fosse venuto a mancare.
La donna vigilava con diligenza e amore sul figlio quando un giorno, rientrando a casa per allattarlo, lo trovò senza vita. La donna, spinta dalla disperazione, pensò di uccidersi affogandosi nelle acque del vicino Roglio, un torrente affluente dell’Era. Uscì dunque di casa avviandosi verso il fiume per attuare il suo proposito, ma incontrò una giovane donna di nobile portamento, la quale, dopo averla amorevolmente confortata e dissuasa dal disegno suicida, la ricondusse a casa, assicurando che il figlioletto ero ancora vivo. Quando la giovane donna ebbe preso in braccio il bambino, il suo cuore riprese a battere, e la madre le chiese chi fosse. La donna disse di chiamarsi Maria e di abitare a Cigoli, fra Rocco e Michele.
Alcuni giorni dopo la Mainardi volle ringraziare la pia benefattrice e si recò a cercarla al Castello di Cigoli, ma ogni ricerca fu vana, poiché non trovò alcuna donna che somigliasse a quella da lei incontrata. Allora il preposto degli Umiliati, sentito l'accaduto, e illuminato da Dio, compreso chi ella cercava, la condusse in chiesa e le mostrò l'immagine della Madonna, nella quale la donna riconobbe la sua salvatrice. Disse di ravvisare perfettamente nei lineamenti del volto, nelle angeliche maniere, colei che aveva risuscitato il figlio e che l’aveva salvata dissuadendola dal suicidio. L’agnizione da parte della donna fu immediata, perché le fattezze del simulacro corrispondevano perfettamente a quelle della apparizione. “Ancora una volta il fatto miracoloso si rapportava alla presenza “fisica” dell’immagine.” Ai piedi della taumaturga immagine accorsero allora i popoli del circondario.

Non sappiamo i motivi per cui la prima testimonianza scritta del miracolo sia cosi lontana dal succedersi dei fatti, dato che la devozione è stata comunque notevole: è possibile ipotizzare che trascrizioni del miracolo, antecedenti al documento del 1791, siano avvenute da parte dei frati Umiliati e che, una volta soppresso l’Ordine e disperso l’archivio, non se ne siano rinvenute tracce. E’ invece meno ipotizzabile che il documento del 1791 sia una copia di un altro più antico in possesso dello scrivente e deteriorato dagli anni, in quanto nel prologo l’autore dice di scrivere il racconto del prodigio “.. ché le ingiurie dei tempi, oppure la trascuratezza dei nostri antenati non ce ne hanno in carta descritta memoria né alcun voto appeso a quelle sacre pareti ma solo la pura tradizione”. Gli indizi circa l’autore del testo fanno pensare al pievano Carlo Bomberini e al cardinale Gregorio Duca Salviati. Anche le lapidi che si trovano nel santuario di Cigoli niente aggiungono, perché quelle riferite al miracolo del 21 Luglio sono state inserite recentemente.


Fonte: CAPONI SARA - "La “Madre dei Bimbi” a Cigoli: storia dell’arte, storia della devozione", Tesi di Laurea in Scienze dei beni culturali - Pisa 2008

La devozione oggi: i Pellegrinaggi

La devozione per l'immagine Sacra della Madonna dei bambini è viva ancora oggi tanto da ospitare nei dieci giorni compresi tra il tredici ed il ventuno Luglio molte parrocchie della Toscana concentrate sopratutto nella zona del Valdarno inferiore, dove la pia tradizione è maggiormente radicata.
Le parrocchie che ogni anno vengono in visita in pellegrinaggio al Santuario sono:

- Alica (PI)
- Bassa (FI)
- Capanne (PI)
- Castelfranco di Sotto (PI)
- Ponte a Elsa, Bastia (FI)
- Forcoli (PI)
- Fucecchio (FI)
- Gavena e Pieve a Ripoli (FI)
- Isola (PI)
- La Scala (PI)
- Marti (PI)
- Montecastello (PI)
- Montopoli Valdarno (PI)
- Palaia e Partino(PI)
- Pianezzoli (Empoli, FI)
- Ponte a Egola (PI)
- Ponte a Elsa Bastia (FI)
- Ponte a Elsa Pino (PI)
- Roffia (PI)
- San Miniato (PI)
- San Miniato Basso (PI)
- San Pierino (FI)
- Sant’Angelo (PI)
- Santa Croce Sull'Arno (PI)
- Santa Maria a Monte e Cerretti (PI)
- Stibbio (PI)
- Treggiaia (PI)


LA STORIA DELL'INCORONAZIONE DELLA MADRE DEI BIMBI


La storia dell'incoronazione della sacra immagine di Maria Madre dei Bimbi, ha origine nel lontano 1924 quando su proposta dell’allora Pievano Jacopo Favilli venne istituita una raccolta di oro, esclusivamente frutto delle donazioni dai fedeli, per forgiare i tre segni della regalità di Maria Santissima e del Bambino. La sensibilità e la devozione verso la Madonna Miracolosa di Cigoli consentì di raccogliere un quantitativo di oro sufficiente per la realizzazione di una corona e uno scettro e una più piccolo coroncina per il Bambino.
L’incoronazione ufficiale avvenne per le mani del Cardinale Pietro Maffi in persona, allora Arcivescovo di Pisa, giunto a Cigoli per la solenne celebrazione dei festeggiamenti nel quattrocentosettantatresimo anniversario del miracolo, nel giorno del 21 Luglio 1924.
Negli anni seguenti si susseguirono non poche importanti vicende che coinvolsero questi tre "segni" della regalità della Vergine Santa e del Figlio Gesù. La prima, sacrilega, è legata allo scettro, e risale ai primi anni settanta, quando in una notte d’Estate venne trafugato la prima volta, insieme ad altri oggetti sacri di autentico valore materiale e spirituale appartenenti al Santuario. Motivo per cui la Madre dei Bimbi ne rimase orfana fino al 1979, anno in cui il popolo di Ponte a Egola decise di donarne uno identico di argento dorato, per averla avuta all’interno della sua Chiesa in occasione del centenario della elevazione a Parrocchia.
Ma dopo appena un anno fu rubato nuovamente. Era infatti la famosa notte del 18 Luglio 1980, data in cui venne trafugata l’immagine di Maria Madre dei Bimbi, e con essa il suo scettro. Furono salvate solo le due corone. Ma ancora più stupefacente fu il fatto di ritrovarlo nelle mani dalle stessa immagine quando fu riconsegnata sei anni dopo.

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